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Ingorghi interstellari: c’è del traffico, nel sistema solare. Ufologi, cospiratori e sereni astronomi

Ciao, oggi parliamo di qualcosa di cui non mi occupo spesso, cioè di questioni astronomiche. Non so perché me ne occupo così raramente, dato che è proprio questo genere di questioni “spaziali” che da ragazzo mi spinse a studiare fisica. Volevo contribuire a mandare l’umanità tra le stelle, ad incontrare magari non civiltà aliene ma certamente corpi celesti strani e fascinosi. D’altra parte, se il motivo per non occuparmi di queste cose fosse semplicemente che altri lo fanno meglio, allora non mi occuperei di niente e chiuderei pacificamente il canale. E quindi intanto che voi mettete like, vi iscrivete al canale e condividete il video ecco la…

SIGLA

Eccoci, video breve e provocato dalla condivisione, da parte di un amico, di un articoletto pubblicato pochi giorni fa dal solito Avi Loeb, astrofisico israeliano-americano, docente ad Harvard, più che altro noto per la sua ossessione del fatto che alcuni oggetti astronomici, come l’assai noto ‘Oumuamua, possano essere artefatti di origine extraterrestre.

E quindi, visto che negli ultimi giorni l’attenzione scientifica e mediatica è stata catturata dall’arrivo di un nuovo ospite interstellare, come poteva mancare un po’ di rumore anche da parte del buon Avi?

3I/ATLAS, che si ipotizza essere una cometa, cioè un corpo costituito in buona parte di ghiaccio, diversamente dagli altri corpi individuati negli scorsi anni, sta attraversando in questo momento il nostro Sistema Solare.

Le sue caratteristiche insolite – un’orbita estremamente iperbolica, dimensioni enormi rispetto ai precedenti visitatori come ‘Oumuamua e Borisov, una traiettoria molto prossima al piano dell’eclittica  – cioè il piano immaginario su cui giacciono orbite di tutti i pianeti del sistema solare – e altre cose che trovate nel paper in descrizione, hanno subito alimentato speculazioni audaci e, a volte, fantasiose.

Ma prima di addentrarci troppo in ipotesi straordinarie e mirabolanti, fermiamoci da osservare il dato più semplice e importante: stiamo, oggi, osservando questi oggetti esoticamente interstellari! Accidenti è incredibile! Fino a pochissimi anni fa, non avevamo nessuna evidenza della possibile esistenza di corpi interstellari di questa consistenza e della loro frequenza di passaggio. Be’, passaggi se consideriamo il sole fermo, ovviamente. Ricordiamoci sempre che il Sole è il nostro “centro di gravità” locale, ma che si muove, rispetto al centro galattico a ben a circa 230 km al secondo, circa. Che sarebbero 828.000 km orari, rispetto al centro della Via Lattea. Insomma siamo su una giostra che gira rapidissima e ogni tanto un moscerino ci finisce inevitabilmente in faccia. Ve lo ricordate? Le velocità sono sempre relative a qualcosa, giusto? No, vabbè, così, giusto per controllare che siate aggiornati sulla relatività galieleiana.

E insomma c’è traffico a lunga percorrenza, nel sistema solare. ‘Oumuamua nel 2017, Borisov nel 2019, e oggi ATLAS nel 2025: da zero a tre in otto anni. Ma questo non significa che questi oggetti stiano aumentando di numero. Significa qualcosa di molto più importante: è l’umanità a essere molto migliorata, innanzitutto, nello scoprirli e poi nel seguire il loro “fulmineo” attraversamento del nostro quartierino spaziale.

Le nostre tecnologie di osservazione del cielo sono in costante evoluzione e stanno aumentando vertiginosamente la nostra capacità di rilevare oggetti piccoli, rapidi e lontani. In buona parte ciò è dovuto alla crescente attenzione al monitoraggio di fenomeni rapidi e difficilmente osservabili con normali telescopi. Una spinta particolare a questi sistemi e alla loro diffusione, sono i vari progetti di monitoraggio dei corpi che possono in futuro costituire un rischio da impatto per la Terra e si collegano a varie iniziative internazionali di difesa planetaria da questi oggetti. Un ruolo fondamentale, come ti sbagli, lo sta giocando ovviamente anche l’intelligenza artificiale, sondando in modo instancabile alla ricerca di minuscoli gattini neri in una carbonaia virtualmente infinita, nella più scura delle notti possibili. Letteralmente, dato che spesso si parla di corpi scuri sullo sfondo nero dello spazio.

Oggi siamo dotati e ci stiamo dotando, dicevo, di strumenti sempre più avanzati e, soprattutto, dedicati a questo scopo specifico. Già in funzione abbiamo sistemi automatici come Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System), un telescopio situato alle Hawaii, progettato per mappare il cielo in modo continuo e automatico alla ricerca di oggetti in rapido movimento come asteroidi, comete e altri fenomeni particolarmente rapidi e difficili da catturare. Mentre sono in costruzione strumenti come il futuro osservatorio Vera Rubin, progetto precedentemente noto come Large Synoptic Survey Telescope (LSST), un osservatorio collocato in Cile e progettato per mappare ripetutamente l’intero cielo visibile ogni poche notti. Questo osservatorio, che sarà dotato di un’enorme fotocamera da 3,2 gigapixel – giga non mega!!! – sarà in grado di rilevare oggetti debolissimi e transienti, cioè, appunto, difficili da individuare e catturare con tempestività, come supernove, asteroidi e – ovviamente – i nostri cari oggetti interstellari. 

E beh, ovviamente il sistema ATLAS (Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System), da cui 3I/ATLAS prende il nome. È infatti il 3 oggetto interstellare conosciuto ed è stato individuato da ATLAS, che si avvale di molteplici telescopi, come quelli citati, e aggrega e analizza i dati, cercando qualcosa che si muove lassù in mezzo al mare di stelle.

Qualcuno si chiederà come facciamo a sapere che si tratta di un oggetto proveniente da un altro sistema stellare? Il motivo è semplice: si muove a una velocità relativa talmente alta che la sua traiettoria è una curca aperta, una parabola molto allungata, quasi dritta, come si vede da questa immagine. Questo indica non solo che non proviene dal nostro sistema solare, ma anche che non può essere catturato dalla gravità del Sole. Insomma, è uno di passaggio.

Secondo le stime più recenti, ogni anno decine o centinaia, di oggetti interstellari attraversano velocissimi il nostro Sistema Solare. La maggior parte sono troppo piccoli o troppo deboli per essere individuati, ma è lecito pensare che ci siano sempre stati e non che siano comparsi proprio quando ci stiamo dotando delle tecnologie per individuarli.

La novità, come dicevo, è che ora possiamo vederli, accorgerci di loro e perfino, con certi limiti, riuscire a studiarli.

Ed è una fantastica novità: questi oggetti ci mostrano che il nostro Sistema Solare non è un’isola solitaria, ma un crocevia di detriti cosmici in viaggio attraverso gli abissi interstellari, che in tanti ritengono inattraversabili, almeno da noi, dalla vita.

Questi oggetti sono testimoni concreti di una galassia comunque viva, in movimento, connessa e ci potrebbero portare in futuro qualcosa di più di fugaci osservazioni da luoghi molto, molto lontani.

Sono per esempio allo studio missioni in costante “stand-by” in un’orbita stabile intorno al sole, capaci di rimanere parcheggiate per anni in attesa, per poi partire con breve preavviso all’inseguimento di questo genere di oggetti. Un esempio di questi progetti è l’annunciata missione europea ESA Comet Interceptor, pensata proprio per essere lasciata in una posizione di attesa nello spazio e poi diretta rapidamente verso una cometa o magari un oggetto interstellare appena scoperto e “a portata di razzo”.

Tornando alla cronaca di questi giorni, 3I/Atlas sarà un buon esempio di questa fuggevolezza, perché si avvicinerà alla Terra a non meno di una volta e mezzo la distanza media Terra-Sole – 1,5 unità astronomiche – e in quel momento sarà purtroppo dal lato opposto della nostra Stella e si muoverà, al suo apice di velocità a circa 72 km al secondo rispetto al Sole a circa 60 km al secondo rispetto alla Terra. Cioè circa tra i 260 e 216 mila chilometri orari, a seconda del sistema di riferimento (terra o sole).

Per cercare di avere un termine di paragone 3I/Atlas, potrebbe compiere il tragitto Terra Luna in circa 1 ora e mezza, considerando la sua più modesta velocità relativa alla Terra, contro i 5 giorni della missione Artemis I e una media di circa 3 giorni per le missioni Apollo.

Insomma, va velocissimo e passerà lontano, e quindi sarà osservato, il che è un’altra cosa che trovo ganzissima, dagli scarsi mezzi delle sonde che abbiamo intorno e sulla superficie del pianeta rosso, Marte, che invece si troverà in posizione assai migliore, per le osservazioni.

Ho in testa l’immagine di occhietti meccanici un po’ miopi che si girano verso il cielo, dato che i mezzi più potenti di osservazione del cielo presenti su Marte attualmente sono quelli dei rover NASA Perseverance e Curiosity, dotati di fotocamere sì avanzate, ma progettate per tutt’altro, per l’osservazione ravvicinata della superficie e dell’atmosfera marziana. Questi occhi possono comunque essere puntati verso il cielo e, seppur non comparabili ai telescopi terrestri e orbitali, sono tutto quello che abbiamo, per una strana prospettiva del cielo da un altro pianeta.

E insomma, come ti sbagli, è in questo contesto che alcune voci, prima tra tutte quella del già citato Avi Loeb e compagni, non si limitano a ipotizzare l’origine intalligente di questo oggetto e del suo “strano” percorso di avvicinamento. Questi visionari o burloni o non so cosa ripropongono anche l’ipotesi della “Foresta Oscura”, di cui in passato mi ero occupato in questo video (miniatura e link a video su foresta ocura).

Loeb, che aveva già sostenuto che ‘Oumuamua fosse una vela solare aliena, ha firmato un recentissimo articolo sul sito sito personale, accoppiato a un paper pubblicato su Arxiv, che vi lascio entrambi in descrizione, dove si ipotizza che anche 3I/ATLAS possa essere non solo un oggetto tecnologico, ma forse addirittura ostile, e che questa possibilità andrebbe considerata alla luce della teoria dello scrittore di fantascienza di Liu Cixin.

L’idea della Foresta Oscura di Liu Cixin nasce per risolvere un problema narrativo: la tensione drammatica generata dall’incontro, anche se inizialmente solo da lontano, tra civiltà aliene non semplicemente potenzialmente ostili, ma bensì ostili per natura, per la logica stessa della sopravvivenza.

Secondo questa teoria, questa spiegazione del paradosso di Fermi, il silenzio universale, ogni civiltà nell’universo si nasconde perché mostrare la propria posizione significherebbe attirare l’attenzione di predatori cosmici pronti a distruggerla. Ma quanto c’è di scientificamente e logicamente fondato in questa visione orrendamente pessimista? È chiaro a chiunque abbia letto il primo romanzo della serie di Cixin, che una visione così oscura risuoni gli atti irrazionali ed efferati perpretati durante la rivoluzione culturale cinese. A quelle efferatezze come non dare un respiro cosmico, in un romanzo?

Meno giustificati sono quelli che si spacciano da studiosi e non agiscono da romanzieri e che vogliono dare alla “sociologia cosmica” di Cixin una lettura “scientifica”, tra molte virgolette.

È evidente infatti che molti, se non tutti i paper ispirati a questa narrativa siano più simili a esercizi di immaginazione speculativa, piuttosto che a solide, per quanto speculative, analisi scientifiche.

Non è certo un caso se questi articoli compaiono in corrispondenza dell’arrivo di un oggetto come 3I/ATLAS: cavalcano l’onda della cronaca per attirare attenzione. In alcuni casi sembrano rispondere più a dinamiche accademiche – la necessità di pubblicare, farsi notare, apparire originali, per quanto un po’ schizzati – piuttosto che a un autentico bisogno di indagine razionale.

A questo punto non voglio essere frainteso. È bene chiarire che Loeb non è certo l’ultimo schizzato che passa di qui. Si tratta del più longevo direttore del dipartimento di astronomia di Harvard, di un personaggio fantasioso ma che ha pubblicato interessanti contributi in vari campi, ovviamente con un taglio sempre molto speculativo ma che hanno dato anche origine a tecniche pratiche in uso in astronomia. Per fare un esempio, in astrofisica, Loeb ha proposto un ruolo di oggetti ipotetici, le stelle di Planck ipotizzate da Carlo Rovelli e Francesca Vidotto e sulle quali è un po’ che medito di fare un video, tanto sono immaginifiche e intriganti – Un ruolo dicevo delle stelle di Planck, nella costituzione di un altro ente ipotetico, ma che innegabilmente si trova là fuori: la materia oscura. Qualche anno prima aveva dimostrato che i buchi neri primordiali non potevano spiegare gli effetti di quella stessa materia oscura.

In modo più pratico e direttamente utilizzabile Loeb ha proposto nel 1992 un metodo innovativo per scoprire gli esopianeti, il microlensing gravitazionale. Ho proposto che il telescopio Webb potrebbe essere in grado di individuare ossigeno molecolare (O2), che per quanto sappiamo è un marcatore della presenza di vita, nelle atmosfere di esopianeti delle dimensioni della Terra. Ha proposto altri metodi di individuazione degli esopianeti che poi sono stati adottati

E molto altro. Per dirne solo un’altra e poi basta: vi ricordate la foto del buco nero resa famosa e anche fonte di qualche lazzo nel 2022, la foto di Sagittarius A*, il buco nero al centro della nostra galassia? Ecco, già nel 2005 Loeb e Broderick avevano previsto come ciò che poi fu scoperto sarebbe apparso. 

Ovvia, adesso ho più che abbastanza tessuto le lodi di Avi Loeb e ora posso ricominciare a maltrattarlo. 

Perché così con le sue uscite su oggetti extraterrestri che stanno venendo per noi, così si fa un cattivo servizio alla società, insinuando nella discussione pubblica l’idea che la comunità scientifica prenda sul serio l’ipotesi di tecnologie aliene ogniqualvolta si presenti un oggetto interstellare. Peggio, che la comunità scientifica si diverta a perdere tempo con ipotesi totalmente infondate.

In realtà, come abbiamo detto, il consenso tra gli scienziati è diverso. più semplice ma non meno affascinante: questi oggetti, per quanto rari da osservare, non sono altro che corpi naturali, frammenti di ghiaccio, roccia o metalli espulsi da altri sistemi stellari per via di eventi ad alta energia, che attraversano continuamente gli spazi tra le stelle e che solo da pochissimo tempo siamo in grado di notare.

La loro esistenza, non ci parla, fino a prova contraria, di presenze aliene, ma piuttosto della ricchezza e del dinamismo del nostro universo.

E tornando alla teoria del bono nero, anche la teoria della Foresta Oscura, per quanto suggestiva sul piano narrativo, si basa su assunti come minimo problematici, quando trasferita in un contesto reale, per quanto comunque ipotetico.

Intanto pretendere di dedurre motivazioni, comportamenti e strategie di esseri ipotetici e provenienti da linee evolutive anch’esse ipotetiche ma di certo completamente diverse dalla nostra, non è solo azzardato ma metodologicamente insostenibile, assurdo.

Consideriamo come la tesi, romanzesca, ribadiamolo, della Foresta Oscura assuma una forma estrema di pessimismo cosmico, basandosi su due assunti fondamentali ma molto molto discutibili: il primo, che la sopravvivenza sia la priorità assoluta per ogni civiltà, e il secondo, che ogni civiltà sia necessariamente in espansione esponenziale e quindi in inevitabile competizione per le risorse limitate dell’universo. Rbadisco che di questo ho parlato più diffusamente qui, in questo vecchio video.

Queste ipotesi, questi presupposti, tuttavia, derivano soltanto dalla nostra esperienza limitata sulla Terra e riflettono più le ansie e le paure umane che una reale logica messa a confronto con ciò che sappiamo del cosmo.

Recentemente sono state eseguite alcune simulazioni con dei modelli d’intelligenza artificiale, paper tra le fonti, che hanno cercato di ricreare un “universo” simulato, in cui civiltà anche loro simulate interagiscono tra di loro. Le simulazioni, per quel che possono valere, hanno mostrato che la strategia emergente e prevalente è quella del silenzio che, come ti sbagli, è esattamente la situazione che noi osserviamo nella realtà. Un profondo e assoluto silenzio. Tutto questo deriva, nella simulazione, sicono gli autori più da una semplice logica di risparmio energetico e minimizzazione del rischio che per effettive logiche di “caccia” interstellare. Tali risultati indicherebbero come il comportamento “prudente” possa essere una strategia emergente naturale, indipendente da logiche aggressive.

Va però detto che questo articolo è evidentemente modesto e scarno ed è chiaramente impossibile, da queste poche pagine, capire quali potrebbero essere i pregiudizi, o i bias, come dicono quelli bravi, introdotti nella simulazione da parte dei programmatori. E ci sono sicuramente. Ci sono sempre, anche se le chiamiamo ipotesi.

Ma al di là di simulazioni e ipotesi strampalate, esistono studi leggermente più, come dire approfonditi? Credibili? Per quanto teorici, per quanto possano essere attendibili studi su cose poco più concrete del sesso degli angeli, che ci fanno sospettare che l’ipotesi della Foresta Oscura, per quanto superficialmente convincente, non regga poi tanto nemmeno di fronte alla sola logica.

Infatti, analisi basate sulla teoria dei giochi, che è proprio la base portata a sostegno dell’ipotesi della Foresta Oscura, sembrano dimostrare come il comportamento aggressivo preventivo, non sia necessariamente quello più vantaggioso, soprattutto quando si prendono in considerazione civiltà tecnologicamente avanzate e capaci di ragionamenti strategici complessi.

Le civiltà potrebbero infatti trovare molto più conveniente sviluppare strategie cooperative e forme di comunicazione cauta, piuttosto che adottare un atteggiamento belligerante fin da subito, con il rischio, oltretutto, di trovarsi di fronte un boccone troppo grosso per essere inghiottito. Anche qualla che Cixin chiama “catena del sospetto” non pare reggere a uno sguardo un po’ più approfondito. Ma non voglio entrare in questo aspetto che renderebbe, come al solito, il video lungo oltre le mie intenzioni. Magari ci tornerò sopra in futuro.

Insomma tutte queste ipotesi strampalate hanno sempre lo stesso difetto: si basano su un unico caso studio, la civiltà umana in tutte le sue forme. Abbiamo una prospettiva che dire limitata è dire poco, su quello che potrebbe accadere nel resto della galassia.

In definitiva, il valore più grande di fenomeni come l’arrivo di 3I/ATLAS sta non solo nella loro capacità di suscitare la curiosità, più o meno morbosa dei media e di accademici bisognosi di costanti attenzioni. Potrebbero, questi corpi provenienti da altri sistemi stellari, portarci in futuro a poter toccare letteralmente con mano ciò che probabilmente non potremo mai raggiungere fisicamente, come specie, e dimostrarci in modo concreto come la chimica, la fisica o, chi può dirlo, la biologia di base, sono le stesse oppure differiscono in modi inaspettati, al di là degli abissi interstellari.

E sarebbe anche bello che queste occasioni non andassero mai sprecare per ricordarci e ricordare agli altri, geni fantastici, semplici guitti, giornalisti e persone facili a farsi impressionare, che il compito della scienza non è il sensazionalismo, ma l’esplorazione umile e rigorosa dell’universo immenso che ci circonda.

Oh, e poi, tra un po’ 3I/ATLAS inizierà a virare, come dice Loeb usando la “manovra Oberth” – cioè quando la gravità del Sole avrà rallentato fino a un certo punto la velocità di 3I/ATLAS – per venirci addosso mi rimangerò pubblicamente ciò che ho detto, nel poco tempo che ci resterà. Ma scommetto un copertone in fiamme contro un vasetto di marmellata che non sarà così, che andrà. Chi ci sta? Avi?

Evvia, con questo malaugurio è tutto! Io vi ricordo che se volete darmi una mano in questo mio progetto, il modo più economico ed efficace è mettere un like, iscrivervi al canale e soprattutto commentare e condividere il contenuto.

Mi raccomando e intanto vi saluto!

Ciao!

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