Ambiente,  Energia,  Tecnologia

Il ritorno del nucleare in Italia. Cosa ci possiamo aspettare?

(brogliaccio del video: www.youtube.com/watch?v=60RuS8NZMhI)

Introduzione

Ciao! Oggi parliamo del ritorno del nucleare in Italia. Il 27 febbraio scorso il governo ha presentato un disegno di legge delega per reintrodurre l’energia nucleare nel nostro paese, e vale la pena capire cosa sta succedendo davvero.

Mentre voi ne approfittate per mettere like, iscrivervi e i soliti discorsi, ne parliamo dopo la …

SIGLA!

Eccoci! Chi ha visto il mio video “Lettera aperta al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni” ricorderà che, pur non essendo un fan del governo, avevo voluto suggerire che far tornare il nucleare in Italia sarebbe stata l’unica cosa davvero intelligente che questo esecutivo avrebbe potuto fare. L’unico modo per la nostra Presidente del Consiglio di compiere un gesto che possa davvero passare, positivamente, alla storia. E dai! Quasi incredibile, ma dopo tanto tentennare e tanta inazione, almeno su questo qualcosa sembra si stia davvero muovendo.

Bisogna essere chiari: il nucleare non è solo un’opzione energetica tra tante. È l’unica strada per fornire al mix energetico nazionale, particolarmente per il cosiddetto carico di base una base solida, sicura e al riparo da oscillazioni del costo dell’energia come quelle che stiamo patendo in questi ultimi anni.

Per un paese in piena de industrializzazione ma manifatturiero fino al midollo come l’Italia una simile fonte di energia è una necessità improrogabile. Importiamo oltre il 73% dell’energia che consumiamo, sotto molte forme, e paghiamo la bolletta elettrica più cara d’Europa, se escludiamo Malta e la Germania della stupida uscita dal nucleare voluta dalla Merkel della dipendenza assoluta dal gas russo.

Quindi bene, speriamo. C’è bisogno assolutamente di una normativa ben fatta, magari anche prendendo in considerazione quello di cui ho parlato nel mio recente video “Come ti sconfiggo il NIMBY o il colonialismo energetico regionale in Italia” e che sia razionale ed efficace, oltre che a prova di manipolazioni da parte di coloro che ancora si battono per ridurci a un paese di camerieri e burocrati. Comunque prima di addentrarmi in cosa prevede il disegno di legge, facciamo un piccolissimo ripasso della storia lunga e accidentata che unisce e separa l’Italia e l’atomo.

Breve storia dell’Italia e il nucleare

L’Italia degli anni ’60 e ’70 era un paese in crescita, forte e con ambizioni tecnologiche che oggi ci sembrano quasi incredibili. Si parla di un’epoca non tanto lontana in cui eravamo davvero all’avanguardia nel settore nucleare e non solo. Avevamo quattro centrali operative a Latina, a Garigliano, a Trino Vercellese e a Caorso, ed eravamo il terzo produttore mondiale di energia nucleare. Non male, per un paese che oggi dipende totalmente dall’importazione di energia.

Poi nel 1986 arriva Chernobyl. Un incidente terribile e che ha fatto storia, ma che si è anche prestato a grandi strumentalizzazioni da parte del movimento ambientalista, considerando che è avvenuto in un reattore senza contenimento primario, a causa dell’uso ibrido militare-civile del reattore, gestito con standard di sicurezza sovietici – non esattamente – un modello di eccellenza e causato da una serie incredibile di errori umani. Ci fu chi politicamente, socialisti e radicali in testa, allora, vollero cavalcare l’onda emotiva che ne seguì, tanto che nel 1987 gli italiani votarono un referendum che, sebbene tecnicamente non chiedesse di abbandonare il nucleare, portò indirettamente alla chiusura, data la ghiotta occasione di una facile politica demagogica, di tutte le centrali italiane.

Ed ecco uno dei soliti e fantastici momenti “occasione persa” della nostra storia: mentre smantellavo i nostri impianti, i francesi ne costruivano di nuovi proprio poco al di là delle Alpi. Oggi importiamo circa il 10% dell’elettricità dalla Francia, energia prodotta dai loro 56 reattori nucleari.

Nel 2009 ci fu un tentativo di riportare il nucleare in Italia con il governo Berlusconi, ma il destino, con un tempismo eccezionale, fece sì che pochi mesi prima del referendum sulla questione avvenisse il falso incidente di Fukushima. Falso perché a Fukushima ci fu un maremoto, non un incidente nucleare. Furono l’isteria dei primi giorni del governo giapponese e poi l’incredibile malafede della stampa internazionale ma soprattutto di quella italiana, ad inventarsi un incidente nucleare che non ha causato nemmeno un morto. Così nel 2011 gli italiani, sull’onda di una nuova ondata emotiva stavolta completamente artificiosa, votarono nuovamente contro il nucleare, stavolta con una maggioranza ancora più schiacciante.

Da allora siamo rimasti l’unico grande paese industrializzato del G8 senza energia nucleare, costretti a importarla dai vicini o a produrla bruciando gas, certamente per lo più russo, almeno fino alla seconda invasione russa dell’Ucraina, a costi esorbitanti. Una scelta che paghiamo molto cara, ogni giorno, anche in termini di mancato sviluppo del paese.

L’ecologismo irrazionale contro la scienza

In Italia il dibattito sul nucleare è stato monopolizzato ed è ancora oggi condotto sulle basi di un ambientalismo che non ha niente né di scientifico né di razionale. Persone e organizzazioni senza alcuna preparazione ma con profondi pregiudizi, spesso collegate ECONOMICAMENTE alla fortissima propaganda delle lobby del petrolio, hanno profuso un enorme sforzo per instillare nel pubblico paure insensate, demonizzando quella che non è altro che una tecnologia, tra le più avanzate e sicure che l’uomo abbia mai sviluppato.

Prendiamo la questione delle scorie radioattive, usata come spauracchio impossibile da gestire. Si continua a parlare dei rischi legati al loro stoccaggio come se fossimo ancora negli anni ’70, ignorando più o meno volutamente che oggi le tecnologie di cui siamo in possesso permettono di gestirle in modo sicuro. Le scorie ad alta attività prodotte in 50 anni di nucleare nel mondo occuperebbero un campo da calcio, per un’altezza di circa 10 metri. Facendo il confronto con i miliardi di tonnellate di CO₂ che riversiamo nell’atmosfera ogni anno con le fonti fossili, o con le enormi quantità di sostanze chimiche e metalli pesanti che dobbiamo gestire ogni anno e che, contrariamente anche alla scoria più radioattiva, non hanno nessun tempo di decadimento, saranno dove le metteremo per sempre, il problema delle scorie non solo è gestibile. Proprio è un falso problema, solo un altro tipo di rifiuto da gestire e che dobbiamo comunque gestire, anche senza le centrali, dato che la sanità italiana produce in ogni caso rifiuti radioattivi continuamente.

L’altro aspetto delle scorie è che la scoria di oggi sarà il combustibile di domani. Esistono già le tecnologie per usare le scorie come nuovo combustibile, solo che l’uranio oggi costa così poco che per il momento non è conveniente il riciclaggio delle scorie. Ma usandole come combustibile di secondo ciclo non solo il loro periodo di radioattività si accorcia, ma in tal modo le nostre risorse fissili divengono virtualmente capaci di darci energia per miglia di anni.

Un’altra argomentazione fallace contro il nucleare è quella basata sui costi: si vorrebbe descrivere il nucleare come antieconomico. Eppure, la Francia beneficia di elettricità a prezzi nettamente inferiori ai nostri, e paesi come Finlandia, Svezia e Svizzera continuano a investire in questa tecnologia: non sono paesi peggiori del nostro, nel fare le scelte che gli convengono.

Il nucleare ha costi di avvio alti e costi di esercizio bassissimi, esattamente il contrario del gas. Tradotto: una volta costruita la centrale, i costi dell’energia rimangono stabili per decenni, indipendentemente dalle crisi geopolitiche o dalle speculazioni sui mercati energetici.

La verità è che il nucleare moderno è una delle fonti energetiche più sicure al mondo. Per unità di energia prodotta, causa meno morti non solo del carbone e del petrolio, ma persino di alcune rinnovabili. Non sono opinioni. Per chiarirvi meglio tutti questi argomenti, dato che qui non intendo trattarli in dettaglio, consiglio a tutti CALDAMENTE di leggere la pubblicazione divulgativa più informata e razionale che abbiamo in Italia: l’Avvocato dell’Atomo, di Luca Romano. Link in descrizione.

In Italia prevale però l’ “effetto film catastrofico”: l’idea che un reattore nucleare sia sempre sul punto di esplodere come una bomba atomica (cosa fisicamente impossibile) o di trasformare i dintorni in una zona radioattiva deserta (altrettanto impossibile, con le tecnologie moderne ma che sarebbe dovuto essere impossibile anche ai tempi di Chernobyl, senza la gestione criminale sovietica).

Nel frattempo, le tecnologie nucleari sono progredite enormemente. I reattori di terza generazione avanzata hanno sistemi di sicurezza passivi che li rendono intrinsecamente sicuri. I piccoli reattori modulari (SMR) promettono, tra dieci o 15 anni, di risolvere molti dei problemi economici e di sicurezza delle grandi centrali. La fusione nucleare, che potrebbe un giorno offrire energia praticamente illimitata e completamente pulita, rimane invece ancora qualcosa di futuribile e, nel migliore dei casi, non sarà una tecnologia usufruibile prima della fine del secolo.

Un ultima osservazione, questa volta a livello normativo e di criteri di sicurezza. I livelli normativi del nucleare vengono spesso paragonati a quelli dell’aeronautica civile per i loro molteplici livelli: abbiamo un livello internazionale inteso come “mondiale”, di cui è responsabile l’AIEA delle Nazioni Unite, organizzazione alla quale aderiscono 180 paesi. Una tecnologia sviluppata in un qualsiasi paese membro, rispetterà tendenzialmente questo primo livello di “garanzie”.

Poi ci sono le normative europee e qui chiaramente il reattore cinese e quello francese non sono la stessa cosa: una tecnologia europea sarà già progettata secondo criteri validi per tutta Europa.

Infine ci sono le normative nazionali, di cui però l’Italia è attualmente priva. Qui si inserisce il nuovo ddl di cui stiamo per parlare.

Norme a parte i reattori nucleari sono costruiti come delle enormi opere d’artigianato e ogni pezzetto ha una storia a sé, in fatto di realizzazione e di certificazione. Per quanto riguarda la sicurezza, in generale gli impianti moderni sono la cosa più sicura che l’uomo abbia mai costruito. Se dovessi sfuggire a un bombardamento o a un terremoto mi rifugerei in una centrale nucleare. Da questo punto di vista c’è stata una iper regolamentazione che, per dire, in Inghilterra parlano già di semplificare, perché derivata da motivazioni di fatto irrazionali. Noi, come vedremo, non abbiamo di questi problemi: siamo privi di tali normative e ora le dobbiamo ricostruire.

A questo punto mi sono dilungato in questa introduzione e voglio passare alla notizia di questi giorni, non senza aver rinnovato agli scettici, ai possibilisti e ai favorevoli che vogliono avere argomentazioni solidi di leggere il libro di Luca Romano. Mi raccomando!

Il nuovo disegno di legge delega: cosa prevede

Veniamo quindi al disegno di legge recentemente presentato dal governo italiano. Si tratta di un DDL che affida al governo la delega per adottare, entro 12 mesi, decreti legislativi per disciplinare la produzione di energia nucleare. In pratica, è il primo passo per stabilire una normativa che fissi l’iter burocratico e tecnico per costruire, di cui dicevo poco fa.

Gli obiettivi dichiarati sono anche sensati: il nucleare per contribuire alla decarbonizzazione entro il 2050, garantire la nostra sicurezza energetica, prevenire blackout e abbassare le bollette, in tal modo, lo si dice non tanto nel decreto, quanto nella annessa relazione illustrativa guadagnare in competitività e portare sviluppo grazie ai piani industriali connessi.

Il piano prevede di integrare il nucleare con le rinnovabili, in un approccio razionale di mix energetico differenziato, per ovviare al problema dell’intermittenza – il sole non splende di notte e il vento non soffia sempre quando serve – e avere così una fonte a basso impatto, a basso costo ed affidabile per il carico di base ed oltre.

Il testo prevede la creazione di un Programma nazionale per lo sviluppo dell’energia nucleare che dovrebbe definire come inserire questa tecnologia appunto nel mix energetico italiano. Secondo il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), si punta a una quota tra l’11% e il 22% della richiesta elettrica, circa 8-16 GW di capacità installata. Non poco, considerando che oggi partiamo da zero e che questo può essere un buon punto di partenza.

Il piano include la creazione di siti per la produzione di energia nucleare, per il riprocessamento del combustibile e per la gestione dei rifiuti radioattivi. Si parla anche di investire nella formazione di tecnici e ricercatori, cosa non banale in un paese dove le competenze nel settore si sono in gran parte perse negli ultimi 40 anni, per quanto siamo sempre il secondo paese in Europa, dopo la Francia, per laureati in ingegneria nucleare.

L’aspetto interessante è che il DDL sembra segnare una netta discontinuità con il passato: prevede esplicitamente la disattivazione degli impianti esistenti (ormai fermi da decenni), che potrebbero essere siti perfetti per le nuove centrali – questo lo dico io – e punta su tecnologie avanzate ma già disponibili.

Analisi critica e contraddizioni

Fin qui tutto bene, almeno a discorsi. Ma quando si scava un po’ più a fondo, emergono diverse criticità che fanno dubitare della concretezza del piano.

La prima riguarda i tempi. Il governo ha 12 mesi per adottare i decreti legislativi, poi ci saranno anni di regolamenti attuativi, autorizzazioni, studi. La relazione illustrativa parla di risorse disponibili per il triennio 2027-2029, quindi i primi passi concreti non arriveranno prima di allora. E considerando che i piccoli reattori modulari saranno commercialmente disponibili “nei primi anni 2030”, è facile capire che, nella migliore delle ipotesi, vedremo le prime centrali operative verso il 2035-2040. Praticamente quando molti degli attuali decisori politici saranno oramai in pensione e un vago e lontano ricordo, auspicabilmente. Piuttosto comodo, viene da pensare.

Poi c’è il nodo della localizzazione delle centrali. Il DDL contempla varie strategie dalla convinzione alla coercizione nei confronti delle autorità locali, e strategie (queste nella relazione illustrativa, se non ricordo male) di comunicazione, consultazione e incentivazione per rendere appetibile dal punto di vista economico alle comunità locali l’accoglimento di queste installazioni. Nel mio video “Come ti sconfiggo il NIMBY” ho fatto una mia proposta, per spingere fortemente sull’interesse delle comunità locali nell’accoglimento di questi impianti, proprio in questa direzione.

Ad oggi non esiste una lista di siti candidati ma il DDL introduce dei criteri generali, che ovviamente troveranno declinazione nei decreti, una volta approvata la legge, ammesso che venga approvata, certo.

Sul fronte economico, il DDL prevede che tutti i costi siano “a carico del soggetto abilitato”, cioè di chi costruirà e gestirà gli impianti. Il governo ha escluso nuovi oneri per la finanza pubblica, lasciando intendere che saranno i privati a investire. Questo sembra un tantino irrealistico, dato che l’energia nucleare è quasi sempre, in Europa, una faccenda che mischia pubblico e privato in varie modalità e gradi.

Quale azienda investirebbe miliardi in un settore che in Italia è stato affossato due volte da referendum popolari, senza garanzie statali o incentivi chiari? È un po’ come chiedere a qualcuno di costruire una fabbrica di munizioni per poi fare la pace l’anno dopo, dato che non si ha una visione militare di medio periodo. Ma questo è un altro video, lasciamo stare.

E poi c’è la burocrazia. Se non adotteremo una legislazione che miri a semplificare e a spianare gli ostacoli posti dalle varie aree di competenza, più o meno locali, ogni progetto rischierà di impantanarsi in una dedalo di autorizzazioni, pareri, conferenze di servizi e ricorsi al TAR.

In Italia ci sono voluti fino a 9 anni per autorizzare un parco eolico, quindi una centrale nucleare potrebbe diventare un incubo, senza un quadro legale chiaro.

Infine, il DDL prevede l’istituzione di un’autorità indipendente per la sicurezza nucleare, ma non chiarisce come si relazionerà con gli enti esistenti. Rischiamo l’ennesima sovrapposizione di competenze, dove alla fine nessuno decide e tutti si passano le responsabilità in un giochino di cui conosciamo bene gli effetti.

La timetable implicita e le domande aperte

Se proviamo a immagine una timeline basata sui documenti disponibili in questo momento,

potremmo arrivare a un programma simile a questo:

  1. ’25-’26: Adozione dei decreti legislativi e definizione del quadro normativo. Sostanzialmente, un periodo di carte bollate e riunioni.
  2. ’27-’29: Prime risorse stanziate e avvio di progetti pilota. Forse vedremo i primi studi di fattibilità e, se siamo molto molto fortunati, qualche autorizzazione preliminare.
  3. ’30-’35: Inizio della costruzione dei primi impianti, a quel punto niente esclude di che saranno davvero realizzabili reattori modulari. Questo sempre al netto di ricorsi, proteste o cambi di governo che mandino tutto all’aria, incluso qualche nuovo referendum.
  4. ’35-’40: Entrata in funzione delle prime centrali, se tutto va bene. A quel punto saranno passati 15 anni dall’inizio del processo e probabilmente avremo già cambiato dai 3 ai 5 governi, cosa che richiede di continuare una forte campagna di sensibilizzazione della popolazione a favore del nucleare.

Tutto questo mi porta a una domanda: il governo sta davvero provando a rilanciare il nucleare o è solo un’operazione di bandiera? Se l’intenzione è seria, servirebbero azioni più concrete: indicare subito i possibili siti, creare un sistema di incentivi realistico per gli investitori, tagliare drasticamente la burocrazia e soprattutto, smettere di vaneggiare di tecnologie futuriste. Le tecnologie ci sono. Usiamole!

Nel frattempo, il resto del mondo non attende. La Francia ha annunciato la costruzione di 14 nuovi reattori. Gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Svezia, la Finlandia, la Corea del Sud stanno tutti investendo convintamente nel nucleare. Perfino paesi come Polonia ed Estonia, che non hanno mai avuto centrali, stanno pianificando di costruirne. Noi rischiamo di arrivare, come al solito, quando la festa è già quasi finita.

Conclusioni

Nonostante le mie grandi perplessità su questo governo, devo ammettere che l’intenzione di riportare il nucleare in Italia è un passo nella direzione giusta e che questo sforzo dovrebbe richiedere uno sforzo congiunto di tutte le forze politiche che non vivono nel mondo dei sogni. Il nucleare è fondamentale per qualsiasi strategia seria di decarbonizzazione e indipendenza energetica, non è un’opinione: è un fatto! Ma soprattutto dà una prospettiva a questo paese in costante fase di deindustrializzazione, il che è la morte del benessere e della democrazia. Quando scompaiono la classe media produttiva e la capacità di creare ricchezza, e si diventa un paese di commessi e camerieri, anche i commessi e i camerieri diventano inevitabilmente poveri e politicamente irrilevanti.

Insomma, le chiacchiere e le buone intenzioni non bastano. Conosciamo tutti la capacità italiana di trasformare anche i progetti più sensati in cattedrali nel deserto, paralizzati da burocrazia, opposizioni locali e cambi di direzione politica. Per questo motivo, è fondamentale che sulla questione nucleare si formi un consenso più largo possibile, che vada oltre le convenienze elettorali del momento.

L’Italia non può permettersi di restare l’unico grande paese industrializzato senza energia nucleare. Nel mondo ci sono già 440 reattori in funzione, oltre 60 in costruzione, e noi continuiamo a guardare questa tecnologia come se fosse una minaccia anziché un’opportunità. È un po’ come se, mentre tutti comprano smartphone e computer, noi continuassimo a discutere se i fax minacciano il nostro stile di vita.

La domanda è: vogliamo essere protagonisti della transizione energetica o preferiamo restare spettatori, continuando a pagare bollette astronomiche e a dipendere dall’estero per la nostra energia? Il nucleare non è la soluzione a tutti i problemi energetici, ma è certamente parte essenziale della soluzione. E più tardi inizieremo, più difficile sarà recuperare il tempo perduto.

Voglio sentire nei commenti cosa ne pensate: in particolare cosa pensate di questo nuovo decreto e della posizione del governo su questa materia.

E quindi a presto!

Ciao!

Fonti:

Documenti riguardanti il DDL del governo: ageei.eu/nucleare-arriva-in-cdm-la-bozza-della-delega-al-governo-il-testo/

Luca Romano, L’Avvocato dell’atomo: amzn.to/4haza2X

Webinar del 10 marzo “Spezzare la maledizione dell’escalation dei costi dell’energia nucleare” hksexeced.tfaforms.net/f/registration?e=a4oPp000001PqxJIAS

Piano Energia e Clima (PNIEC): www.mase.gov.it/comunicati/pubblicato-il-testo-definitivo-del-piano-energia-e-clima-pniec

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