Politica,  Vino e Vigna

Chi vuole fermare il vino italiano? Breve sfogo in difesa della sua reputazione: #nodistillazione

Quando stappi una bottiglia di vino diventi parte integrante del nostro mondo, del mondo dei vignaioli. Tutta l’emozione che provi attraverso i tuoi sensi è l’apice di un lunghissimo processo fatto di natura e lavoro, di sole e sudore. Per questo nutro l’illusione che anche a te stia a cuore il pensiero che mi urge buttare in parole.

Ognuno difende il vino come può

Il ciclo del vino non si arresta mai, parte dai lavori in vigna durante l’inverno, attraverso le avversità e le sfide della primavera e i caldi a volte terribili dell’estate, finché, se tutto va come dovrebbe, arriva ogni anno il momento della vendemmia, del mosto e della fermentazione. E così avanti, il vino nasce e si evolve tra le mani del vignaiolo, che vi investe vita e speranze e al quale sei tu, con la tua emozione e il tuo piacere, a dare davvero senso e importanza.Il vino italiano, prodotto da una terra la cui ricchezza e biodiversità non ha eguali al mondo, è il frutto di una storia millenaria, dell’evoluzione del sapere e della sensibilità di persone che passano il loro tempo tra le vigne, le cantine e le fiere, prendendosi cura di ogni passaggio fino a far trovare la strada del tuo bicchiere ad ogni dannata bottiglia!

Questo vino, come tante altre cose prodotte dal nostro paese, soffre da sempre di un concorrenza sleale, basata sul pregiudizio e sul razzismo, modus in cui i nostri principali competitori, senza fare nomi, tanto spesso sviliscono con sommo studio ciò che viene dall’Italia, dai terremoti ai nostri sudati prodotti.L’Italia è il paese del vino, del formaggio, del cibo e della cucina e non può essere paragonato a nessun altro, dal punto di vista della qualità, della diversità e della variabilità. Gli altri non sono che pallide imitazioni, per le ovvie disparità di territorio e clima, rese però forti da sistemi burocratici più attivi, cooperativi e dedicati al successo del LORO prodotto nazionale.

Noi invece diamo a chi vuole tutti gli appigli per deriderci e usare contro di noi i difetti del NOSTRO sistema. Viviamo una costante contrapposizione tra burocrazia e impresa, in cui il burocrate di vecchia generazione ideologicamente colpisce, come può, quelli che ritiene i suoi “nemici di classe”, mentre i burocrati di ultima generazione pur di non prendersi una sola minima responsabilità, tengono in un costante stato di abbietta costrizione, sotto un montagna di regole inutili, le energie che la nostra impresa potrebbe esprimere.Tutto questo facilitato dalla miseria che la classe politica italiana incarna nel suo costante cambiare le regole senza una direzione strategica. Ogni giro del gioco delle sedie ci costa in coerenza, in idee d’impresa, nella morte di prospettive per uomini e famiglie.

E adesso, l’ultima geniale trovata è la proposta di DISTILLARE il vino per affrontare il surplus di produzione atteso dal blocco del mercato a causa della pandemia. Pandemia, sia detto per inciso, che si sapeva sarebbe arrivata fin dal 1918 e su cui tanti libri sono stati scritti e tanti film sono stati girati, sviscerandone ogni possibile aspetto, e che, incredibilmente, ci ha colti tutti di sorpresa. Ma questa è un’altra storia.

Quale surplus? Il surplus del vino di infima qualità, prodotto per un consumo di vino in cartone, da vino del discount, certo. Il vino che, per il fatto stesso di essere prodotto ed esportato causa un generale deprezzamento del vino italiano sul mercato internazionale (valore mercato del vino: www.inumeridelvino.it/tag/valore-mercato-del-vino).
Ma questa come può essere una soluzione per il vino dei vignaioli? Come può essere un degno destino per quei prodotti e quelle denominazioni – che siano blasonati o meno – nei quali si spende quotidianamente forza vitale e denaro per produrre una bevanda che faccia elevare l’animo umano al di sopra del suo usuale abbrutimento da “vita moderna”?E, volendo essere terra terra, come possono pensare di pagare 30 centesimi il litro un vino che magari è costato 2 euro al litro solo per essere fatto arrivare in cantina? Qualche fannullone del governo, mi pare di aver sentito, ha avuto il coraggio di dire che pagherebbero il vino a prezzo di mercato. Davvero!? Con quali soldi? Chi decide quale è il prezzo di mercato?  In Italia ci sono denominazioni in cui l’UVA può arrivare a 15 euro al Kg! Babbei!

L’Unione Europea, fonte eterea e superiore di ogni pantano burocratico, ha emanato pochi giorni fa un regolamento che mette in campo, oltre alla trasformazione del mio Sangiovese in alcol denaturato, la possibilità per gli stati membri di offrire aiuti alle aziende per lo stoccaggio del vino. Sarebbe a dire che mi aiutano a comprare contenitori per mettere il vino e fare spazio per la prossima vendemmia.Da più parti si preme perché lo stoccaggio sia previsto dall’attesa norma italiana, almeno per i vini di qualità, ma cosa farà il nostro governo? Non lo so e non mi interessa.

Chi non fa questo mestiere può credere che l’agricoltore viva in un mondo meraviglioso di aiuti di stato e prebende comunitarie, ma sareste sorpresi: teniamo in piedi le nostre aziende con la cosiddetta PAC, è vero, ma solo perché i prezzi dei nostri prodotti – I MIGLIORI DEL MONDO – sono tenuti artatamente bassi dal complesso agro-industrial-alimentare. Forse non tutti sanno che, il giorno prima che la mietitrebbia entri nel campo di grano italiano, enormi navi granaio iniziano a scaricare il prodotto, generalmente putrido, di altri paesi con l’ovvio scopo di abbassare i prezzi ingolfandone il mercato. E cosa succede, regolarmente, subito prima dell’inizio della raccolta delle olive? Stessa storia, i nostri porti sono invasi da navi cariche di autocisterne dalle quali proviene una puzza inenarrabile (fatevi un giro sulle banchine del porto di Livorno a ottobre/novembre, non credete a me), che spariscono per le strade di tutta Italia.Tutto questo e molto molto altro, nel silenzio e con la connivenza dei controllori e dei mezzi di informazione. Ma, in fondo, anche questa è un’altra storia.Quello che è certo che gli aiuti come quelli che potrebbero essere decisi per lo “stoccaggio”, tramite i Piani di Sviluppo Rurale (PSR) comportano tali gravami burocratici e tecnici che l’agricoltore, il vignaiolo, l’imprenditore agricolo spesso preferisce spendere quel che non ha e che spera di avere domani, pur di non farsi prendere in quella trappola.Ma poi quando? La vigna non aspetta e vediamo bene che l’usuale inettitudine della nostra macchina pubblica sta trasformando il decreto aprile, poi decreto maggio poi decreto Rinascita, ché sennò lo dovevano battezzare Agosto… È tutto un vuoto agitarsi, il loro e di chi gli va dietro, come dimostra il patetico esito che sta avendo il “decreto liquidità”.

Lasciamo perdere.

Vi dico invece cosa farò io, dato che posso parlare solo per me, come mi ricordano in diversi, ultimamente: che ci siano o meno aiuti, come sempre e tra breve, tra i pianti e i lamenti che sono la malattia incurabile di noialtri lagnosi agricoltori, mi frugherò le mani in tasca e comprerò tappi e bottiglie e, mentre il mio vino evolverà, in attesa di trovare la via del tuo bicchiere, avrò vuotato i vasi vinari e li avrò preparati per la prossima vendemmia.Questo è quello che faccio sempre, questo è quello che farò. Ma io ovviamente non sono una fabbrica di vino. Sono un VINICOLTORE (Vinicoltura: it.wikipedia.org/wiki/Vinicoltura ) e un ARTIGIANO e non mi stancherò mai di chiedere di non essere più messo sullo stesso piano, da leggi malfatte e inane agire burocratico, delle grandi fabbriche del vino.

Così io difendo la dignità del vino italiano.

#nodistillazione #vinicoltoriartigiani

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